Mauro
Cascio al Salone del Libro ci sta un po come se fosse a casa sua. Ne è
diventato oramai un ospite fisso.
Quest'anno
ha voluto cimentarsi con il Tempo, argomento assolutamente non facile perché
nel Tempo ci si vive, come ha giustamente evidenziato già nel titolo del libro
che ha presentato “Contributo alla Critica del Tempo (e di me stesso)”
ed è proprio quel me stesso, volutamente, messo tra parentesi da cui si evince il
paradosso di interrogarsi su questa
macro categoria che insieme allo Spazio sono quelle con cui l'essere
umano è costretto a confrontarsi da millenni.
Verrebbe
da dire che è impossibile poter parlare del tempo senza parlare di se stessi all'interno
di esso, ma lui può farlo da filosofo Hegeliano che sappiamo essere, e che
riesce a districarsi magistralmente all'interno di questo paradosso, riuscendo,
come ogni bravo scrittore, a creare un suo doppio che nel caso specifico del
racconto è il Viaggiatore protagonista del racconto.
Mauro
Cascio ha il potere evocativo della metafora e quando parla del Tempo lo fa
usando la nostalgia che è propria del viaggiatore perché più di altre
identifica la caratteristica che maggiormente spaventa del Tempo il fatto che
non si può arrestare, i momenti che scandiscono il Tempo non riescono a
diventare eterna presenza, nella consapevolezza di quella inevitabilità in cui
tutto sfugge ed in cui nulla resta.
Ed
allora è alla nostalgia che viene affidato il ricordo che è la memoria degli
eventi.
Il
viandante è anch'esso una metafora, quella dell'uomo che si vede costretto ad
allontanarsi dai soliti luoghi, da quei luoghi familiari, che lo costringono ad
essere schiavo del divenire.
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