L’epoca in
cui vissero i cavalieri Templari, il cosiddetto “Medioevo”, era caratterizzata anche
a tavola da cibi molto variegati almeno per chi poteva permetterselo ed i Nobili
che amavano vantarsi delle loro rendite e delle loro virtù apparenti amavano
offrire lauti banchetti per cui oggi si
conoscono persino le ricette. Ovviamente le tavolate erano divise in due
reparti: una per gli ospiti di riguardo con cui sedeva l’anfitrione e l’altra
per i commensali, diciamo così, meno importanti. Ma qual’era il cibo che si
poteva gustare nelle corti e nei palazzi dei nobili del medioevo? Il passaggio
dall’epoca classica a quella che precedette il rinascimento vide la fusione di
almeno due importanti culture culinarie, quella nordica che prediligeva la
cacciagione e il pescato con rari allevamenti bradi di suini e raccolta di
frutti contrapposta a quella mediterranea basata soprattutto sui prodotti
derivati dal grano, dal vino e dalle olive, latticini, verdure, allevamenti di
ovini e più raramente di suini.
I Cavalieri Templari contribuirono non poco
alla diffusione in larga scala del cibo simbolo della ritualità cristiana “Pane
e Vino” (sangue e corpo di Cristo) ed accanto ad ogni chiesa, monastero, cattedrale
costruite ma anche agli uffici postali si piantavano nel limite del possibile
il grano, le viti, gli ulivi ed i frutti degli orti perché la loro regola
imponeva loro di mantenersi con quello che producevano. Tutto ciò non fu
difficile perché con la caduta dell’Impero Romano, erano ormai moltissime le
aree divenute incolte e sfruttabili per chi sapeva coglierne l’opportunità. Dal
nord difeso dai Cavalieri Teutonici essi appresero ad allevare il pesce in
apposite vasche che a loro volta approntarono nelle loro zone di competenza ed
insegnarono a costruire soprattutto nel sud dell’Europa fondendo così questi
sistemi di sfruttamento del territorio che sono stati portati avanti fino alla
odierna globalizzazione. Ovviamente il pesce era in poca parte di mare, importato
quasi esclusivamente dai templari dall’oriente ed il resto essendo la rete
commerciale marittima dedicata per lo più allo scambio dei prodotti non
deperibili era prevalentemente di fiume per cui si allevavano carpe, Lucci,
Storioni, Anguille ecc..
Accanto a questi prodotti i cereali come
orzo, avena, miglio e segale e i legumi come ceci, piselli, lenticchie e fagioli i Cavalieri del Tempio
importarono anche le melanzane e gli spinaci presi in medio oriente e si
suppone le pannocchie importate dal Sud America. In tutto il nord Europa crebbe
l’allevamento dei suini mentre nel sud, e qui l’Italia era già tagliata in due,
quello degli ovini legato anche alla produzione dei latticini e a quello della
lana.
L’apporto di carne quindi diffuso in tutte
le classi sociali fu davvero sostanziale e tra gli allevamenti di cui facevano
parte anche gli animali da cortile come polli, oche e anatre la caccia ebbe un
ruolo di fondamentale importanza essendo giuridicamente aperta a tutti. In ogni territorio v’era abbondanza di lepri, fagiani
e quaglie e fatta eccezione per il sud Italia e paesi di egual latitudine, i
cervi, caprioli e cinghiali che costituirono la primaria fonte di
approvvigionamento fornita dal popolo venatorio.
Ma cosa mangiavano davvero i Templari che
pur essendo guerrieri in fin dei conti erano anche monaci? Ebbene essendo
venuti a contatto sin dal principio con una realtà a loro sconosciuta come la
terra santa che oltre a presentare usi e costumi differenti anche a tavola,
aveva un clima ben diverso, dovettero modificare il modello nutrizionale
adottato in Europa. Intanto, fedeli alla regola di S.Bernardo che vietava loro
di cacciare dovettero ridurre al massimo il consumo di carne, abolire i grassi
di ogni tipo e regolare l’uso del vino sia per il caldo inusuale sia per
evitare ubriacature che gli impedissero di essere pronti alla battaglia.
Oltre alla prudenza però dettata dal buon
senso essi avevano anche nel loro manuale una regola che dettava
l’alimentazione per cui anche i cavalieri che mano a mano tornavano in Europa
mantennero lo stesso stile nutrizionale della terra d’oriente. La differenza
sostanziale era data dal fatto che in Terra santa i cavalieri non usavano
mangiare maiale per non creare ulteriori fonti di litigio con i musulmani e
prediligevano invece la carne degli ovini. In base a detta regola essi
limitavano il consumo della carne a tre pasti la settimana eccezion fatta per
le sacre festività ma senza mai includere ovviamente, la selvaggina. E’da
notare che le porzioni erano piuttosto abbondanti(“le porzioni di carne dei
fratelli del convento devono essere tali che con gli avanzi di due fratelli si
possono nutrire due poveri”). E poi c’era il pane, quello chiamato “Bigio”
quotidiano, fatto con farina e segale e quello festivo detto “Bianco” di sola
farina. Infine dalle vasche di allevamento prelevavano il pesce che
conservavano salato ,speziato ed affumicato e portavano sovente in battaglia. A
questi prodotti si aggiungeva il consumo dei formaggi ricavato dal latte che
non riuscivano a vendere o a donare. Il condimento dei piatti, in mancanza
dell’olio era costituito dal lardo salato dei maiali da loro allevati. Verso la
metà del 1200 in
alcune Commende templari italiane si consumava la polenta che imbarazza gli
storici ufficiali in quanto il grano saraceno proveniente dall’odierno
Turkestan in Italia arrivò qui solo nel XVI secolo, per non parlare poi del
“Mais” descritto in un documento crociato del 1247….I cavalieri Templari
importarono in Europa anche le cipolle palestinesi di Ascalona che in Italia
chiamiamo “Scalogno” ed il Cocomero che conobbero sempre in oriente ancora prima
che fosse diffuso nel nostro paese con l’invasione dei “Mori”.
Quando erano in convento, mangiavano a due
a due in silenzio in una scodella individuale di legno ascoltando i testi sacri
e bevendo (poco) vino sovente con anice o cannella o più spesso mescolato con
acqua che non usavano mai bere pura. Quando era possibile bevevano birra o
bollivano il vino con chiodi di garofano o rosmarino e addolcito con miele. La
loro tovaglia in refettorio era sempre bianca e gli avanzi venivano donati ai
bisognosi, avevano a disposizione oltre alla scodella anche il calice per le
bevande, un cucchiaio ed un coltello, giacché la forchetta allora era ancora
sconosciuta.
In particolare degno di nota: la dieta templare
era equilibrata, in un periodo in cui le aspettative di vita erano brevi e dove
la Gotta affliggeva i nobili uccidendoli ancora giovani, i monaci erano sempre
smunti per i soventi digiuni ed anch’essi morivano in età non tarda, i
cavalieri Templari vissero, se non uccisi anche fino ad 80 anni, età davvero
impensabile per il periodo.
Non bisogna credere però che essi
nonostante fossero rigidi nell’osservanza delle regole non conoscessero o non
apprezzassero succulenti pasti, succedeva talvolta che qualche nobile regalasse
loro del cibo con cui, a discrezione del Maestro, si preparassero sfiziose
ricette come ad esempio l’agnello alle
albicocche o il lombo di maiale speziato.
Tuttavia, con le dovute eccezioni la loro dieta era davvero buona e
valida ancora oggi, tenendo conto però che loro facevano davvero per così dire
molta “palestra”.
Michele
La Rocca
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