L’Alchimista prostrato a terra
avvertiva sulla fronte il freddo del pavimento di pietra. Segnò una
linea di potenza sul pavimento, Arnaldo da Villanova.
Lo chiamavano il Catalano, ed era un medico saggio. "Le lacrime sono da
Kronos - borbottava il vecchio recitando la formula degli antichi testi -
da Zeus viene la generazione, da Ermes il Logos". Nel tempo del
silenzio, risuonano parole magiche: io sono Aleph, Mem e Tav. Dall’anima di queste lettere prende corpo Ameth, la Verità. Nella vena delle tempie rimbomba un precetto: ‘Respice arcanum’.
Contempla il segreto, ma tienilo per te soltanto. E’ scritto anche in
un medaglione tondo lavorato a sbalzo, ageminato d’argento e metalli
ignoti, che una misteriosa fanciulla, Maddalena, deve consegnare a Filippo IV il Bello.
Siamo a Roma, anno 1301. Arnaldo da Villanova, celebre medico e alchimista, ha una visione tremenda: presto scoppierà una guerra tra papa Bonifacio VIII e il Re di Francia
dalla quale verranno gravi disgrazie per la Chiesa. Covando rancore
verso il re che voleva condannarlo come stregone, Arnaldo concepisce una
temibile vendetta: compone un Rebis, potentissima figura alchemica che
dovrà infliggere al crudele sovrano cocenti dolori, e frenare così la
sua aggressione contro la Chiesa. Dopo aver nascosto l’Arcano dentro un
prezioso monile, l’alchimista lo consegna a Maddalena Caetani,
giovane nipote del Papa, fidanzata a un nobile francese: sarà lei,
l’inconsapevole strumento attraverso il quale il sortilegio giungerà a
Parigi, dove compirà la vendetta sul re. Ma le forze dell’Invisibile
sono difficili da governare, e persino un grande sapiente come Arnaldo
da Villanova deve fare i conti con l’imprevedibile: Crescenzio Caetani,
fratello della ragazza, scopre nel medico papale un’intenzione
recondita e disonesta, perciò gli impedisce di completare la sua opera.
Il destino è segnato.
L’Arcano sembra prendere vita propria, e
trascina lungo le sue rotte imperscrutabili la vita di quanti sono ad
esso legati. Ce lo racconta Barbara Frale, in ‘Respice Arcanum, libro primo - Il Papa’
(edizioni Penne & Papiri, pp. 310, euro 13,50). L’autrice, storica
dell’Archivio Segreto Vaticano, esperta di Medioevo e dei Templari, ci
dona un altro viaggio in compagnia di persone leggendarie o misteriose,
che sono sempre e comunque cifra di umanità, e rimando ad altre
ricerche. Questo è infatti il primo libro di una saga
che narra, in forma di romanzo, la vera storia dello scontro tra Papa
Bonifacio VIII e il re di Francia, Filippo il Bello. Una storia che
Barbara Frale, oltre vent’anni della vostra vita a studiare gli enigmi
di antiche pergamene secolari, scrive sulla base di documenti originali
tratti da fonti medioevali.
"La saga è storica - spiega Barbara
Frale - perché non ho inventato nulla: mi sono limitata a riportare i
fatti, aggiungendo la descrizione dei sentimenti, dei livori e degli
scontri che quei fatti devono aver accompagnato. Vediamo un Bonifacio
VIII inedito, dietro le quinte e al netto delle invettive avvelenate che
gli lanciarono Dante Alighieri e Jacopone da Todi. Scenderemo in dettaglio dentro la vita dell'uomo medievale, il suo modo di pensare, di vivere, di amare e odiare. E vedremo il processo ai Templari dai documenti originali,
seguiti punto per punto in tutti i loro scottanti retroscena che
talvolta non entrano nei testi universitari. I grandi uomini della
storia, persino i migliori statisti, agiscono spesso mossi dalle
passioni, più che per un calcolo politico; e questo perché comunque
restano uomini, con i loro istinti, desideri e meschinità".
Benché il Catalano fosse per i colleghi
parigini un avversario molto temibile, difficilmente i grandi
professori sarebbero riusciti, con le sole loro forze, a ottenere una
persecuzione contro di lui: "Il punto cruciale della vicenda di cui fu
vittima è Filippo IV detto il Bello - spiega ancora Frale - un uomo
apparentemente invisibile e assente quanto un fantasma, che in realtà pilotava ogni singolo aspetto della vita del suo regno
restando sempre dietro un paravento fatto di etichetta di corte, e
schermato da una folla di ministri. Ma perché Filippo il Bello avrebbe
dovuto prendersi la briga di perseguitare un maestro universitario, fra
l'altro medico di eccezionale bravura? Non poteva al contrario servirsi
dei suoi prodigiosi uffici? La risposta a tale domanda è molto difficile
da formulare; sappiamo infatti che dopo il grave incidente che lo portò
via da Parigi, Arnaldo scrisse a Filippo il Bello. La lettera trattava
diversi argomenti, fra i quali anche la questione del processo ai
Templari".
Arnaldo da Villanova possedeva anche il
segreto dell’aguardiente, il limpido umore che s’incendia al minimo
contatto con il fuoco. Conosceva le erbe adamantes, i cui segreti sono
noti solo ai medici e alle streghe, e il potere del Notarikon, l’abile combinazione delle lettere in modi distinti
che ottiene risultati attivi e diversi secondo la loro posizione. Il
pensiero slargato, oltre il trono di plettro e oricalco dei Caetani. I
vecchi, dice il giovane apprendista che si darà alla fuga, si portano
dietro un carico pesante: le passioni che hanno vissuto. Le loro parola
pescano da un otre più profondo.
Anche Maddalena, la giovane nipote del
Papa, ha un segreto. Sulla sua fronte, un giorno, un medico giudeo aveva
tracciato strani segni e sussurrato misteriose parole che le si erano
impresse a fuoco nell’anima. Il fratello, Crescenzio, sa che "bisogna
abbassare la mira per trovare la verità". L’oro è l’Arcano massimo ma è
lunga e difficile la via che porta all’etere sottile dello Zelèm, la
quintessenza di tutto, sostanza su cui si incide la forza di chi medita.
Tra gli insegnamenti della sapienza antica c’è ‘Binah’, la
comprensione, un segno tracciato dolcemente sopra la parte del cuore. E
ancora ‘Tiferet’, la Bellezza che salva, e ‘Nezah’, la pazienza della vita.
Occorre trovarle nella storia, tra il sudore degli uomini che lottano e
la tintura del mallo di noce da cui nasce l’inchiostro bruno che
cattura pensieri su carta i stracci. Il leone verde, che è il Rame di
Hermes, deve farsi strada sull’acqua maleodorante, che è la madre di
tutti i metalli.
Il vecchio cardinale conosce i misteri
della Curia, ma anche come salassare di informazioni l’interlocutore per
reggere barche spinte da molti venti. Sulla terraferma, vale un
precetto: se vuoi scaldarti, sta vicino al sole, a chi comanda. Questo
ripetono le bocche del popolo. L’unica prova sull’esistenza del Maligno è la grande voglia degli uomini di vederlo all’opera.
Qualcuno cerca la teriaca di Andromaco, il leggendario farmaco capace
di guarire ogni cosa, altri impastatori di intrugli mirano alle stoffe
del quotidiano. Maddalena dice al vecchio Papa: "la teriaca non esiste.
Questo farmaco va cercato nell’anima. Ridere, donare gioia al prossimo.
Sapere d’avere accanto qualcuno che si preoccupa per noi. Questo giova
al malato più di qualunque medicina".
Quattro santi ogni generazione il Cielo
concede, non uno di più. Per il Cardinal Duraguerra c’è in arrivo una
lumaca da paesi lontani, che porta la morte. Per strappare le ombre,
dirà Crescenzio a padre Floriano, "bisogna seguire il criterio
fondamentale, ovvero la semplicità. Cui prodest?". La libertà deve farsi spazio con la giustizia,
un sorriso può smagare l’agrore della polemica da una bocca aggranchita
di livore. Il vero segreto è comportarsi da giusti. Forse serve solo
questo per fronteggiare l’Al-massir, il destino ineluttabile, come lo
chiamavano saggiamente i saraceni.
Il vecchio Catalano risale sul suo
piccolo asino bigio. "Che Dio ti doni saggezza, figlia mia", mormorò il
vecchio alchimista guardando il cielo buio sopra la sua testa, "questo è
il Grande Disegno nella ricerca del quale molti uomini sono morti. E per il quale tu discernerai ogni cosa, separatamente".
Salvatore Balasco
Nessun commento:
Posta un commento