mercoledì 24 febbraio 2016

I Templari a Tavola - di Michele La Rocca




L’epoca in cui vissero i cavalieri Templari, il cosiddetto “Medioevo”, era caratterizzata anche a tavola da cibi molto variegati almeno per chi poteva permetterselo ed i Nobili che amavano vantarsi delle loro rendite e delle loro virtù apparenti amavano offrire lauti banchetti per  cui oggi si conoscono persino le ricette. Ovviamente le tavolate erano divise in due reparti: una per gli ospiti di riguardo con cui sedeva l’anfitrione e l’altra per i commensali, diciamo così, meno importanti. Ma qual’era il cibo che si poteva gustare nelle corti e nei palazzi dei nobili del medioevo? Il passaggio dall’epoca classica a quella che precedette il rinascimento vide la fusione di almeno due importanti culture culinarie, quella nordica che prediligeva la cacciagione e il pescato con rari allevamenti bradi di suini e raccolta di frutti contrapposta a quella mediterranea basata soprattutto sui prodotti derivati dal grano, dal vino e dalle olive, latticini, verdure, allevamenti di ovini e più raramente di suini.
I Cavalieri Templari contribuirono non poco alla diffusione in larga scala del cibo simbolo della ritualità cristiana “Pane e Vino” (sangue e corpo di Cristo) ed accanto ad ogni chiesa, monastero, cattedrale costruite ma anche agli uffici postali si piantavano nel limite del possibile il grano, le viti, gli ulivi ed i frutti degli orti perché la loro regola imponeva loro di mantenersi con quello che producevano. Tutto ciò non fu difficile perché con la caduta dell’Impero Romano, erano ormai moltissime le aree divenute incolte e sfruttabili per chi sapeva coglierne l’opportunità. Dal nord difeso dai Cavalieri Teutonici essi appresero ad allevare il pesce in apposite vasche che a loro volta approntarono nelle loro zone di competenza ed insegnarono a costruire soprattutto nel sud dell’Europa fondendo così questi sistemi di sfruttamento del territorio che sono stati portati avanti fino alla odierna globalizzazione. Ovviamente il pesce era in poca parte di mare, importato quasi esclusivamente dai templari dall’oriente ed il resto essendo la rete commerciale marittima dedicata per lo più allo scambio dei prodotti non deperibili era prevalentemente di fiume per cui si allevavano carpe, Lucci, Storioni, Anguille ecc..
Accanto a questi prodotti i cereali come orzo, avena, miglio e segale e i legumi come ceci, piselli,  lenticchie e fagioli i Cavalieri del Tempio importarono anche le melanzane e gli spinaci presi in medio oriente e si suppone le pannocchie importate dal Sud America. In tutto il nord Europa crebbe l’allevamento dei suini mentre nel sud, e qui l’Italia era già tagliata in due, quello degli ovini legato anche alla produzione dei latticini e a quello della lana.
L’apporto di carne quindi diffuso in tutte le classi sociali fu davvero sostanziale e tra gli allevamenti di cui facevano parte anche gli animali da cortile come polli, oche e anatre la caccia ebbe un ruolo di fondamentale importanza essendo giuridicamente aperta a tutti.   In ogni  territorio v’era abbondanza di lepri, fagiani e quaglie e fatta eccezione per il sud Italia e paesi di egual latitudine, i cervi, caprioli e cinghiali che costituirono la primaria fonte di approvvigionamento fornita dal popolo venatorio.
Ma cosa mangiavano davvero i Templari che pur essendo guerrieri in fin dei conti erano anche monaci? Ebbene essendo venuti a contatto sin dal principio con una realtà a loro sconosciuta come la terra santa che oltre a presentare usi e costumi differenti anche a tavola, aveva un clima ben diverso, dovettero modificare il modello nutrizionale adottato in Europa. Intanto, fedeli alla regola di S.Bernardo che vietava loro di cacciare dovettero ridurre al massimo il consumo di carne, abolire i grassi di ogni tipo e regolare l’uso del vino sia per il caldo inusuale sia per evitare ubriacature che gli impedissero di essere pronti alla battaglia.
Oltre alla prudenza però dettata dal buon senso essi avevano anche nel loro manuale una regola che dettava l’alimentazione per cui anche i cavalieri che mano a mano tornavano in Europa mantennero lo stesso stile nutrizionale della terra d’oriente. La differenza sostanziale era data dal fatto che in Terra santa i cavalieri non usavano mangiare maiale per non creare ulteriori fonti di litigio con i musulmani e prediligevano invece la carne degli ovini. In base a detta regola essi limitavano il consumo della carne a tre pasti la settimana eccezion fatta per le sacre festività ma senza mai includere ovviamente, la selvaggina. E’da notare che le porzioni erano piuttosto abbondanti(“le porzioni di carne dei fratelli del convento devono essere tali che con gli avanzi di due fratelli si possono nutrire due poveri”). E poi c’era il pane, quello chiamato “Bigio” quotidiano, fatto con farina e segale e quello festivo detto “Bianco” di sola farina. Infine dalle vasche di allevamento prelevavano il pesce che conservavano salato ,speziato ed affumicato e portavano sovente in battaglia. A questi prodotti si aggiungeva il consumo dei formaggi ricavato dal latte che non riuscivano a vendere o a donare. Il condimento dei piatti, in mancanza dell’olio era costituito dal lardo salato dei maiali da loro allevati. Verso la metà del 1200 in alcune Commende templari italiane si consumava la polenta che imbarazza gli storici ufficiali in quanto il grano saraceno proveniente dall’odierno Turkestan in Italia arrivò qui solo nel XVI secolo, per non parlare poi del “Mais” descritto in un documento crociato del 1247….I cavalieri Templari importarono in Europa anche le cipolle palestinesi di Ascalona che in Italia chiamiamo “Scalogno” ed il Cocomero che conobbero sempre in oriente ancora prima che fosse diffuso nel nostro paese con l’invasione dei “Mori”.
Quando erano in convento, mangiavano a due a due in silenzio in una scodella individuale di legno ascoltando i testi sacri e bevendo (poco) vino sovente con anice o cannella o più spesso mescolato con acqua che non usavano mai bere pura. Quando era possibile bevevano birra o bollivano il vino con chiodi di garofano o rosmarino e addolcito con miele. La loro tovaglia in refettorio era sempre bianca e gli avanzi venivano donati ai bisognosi, avevano a disposizione oltre alla scodella anche il calice per le bevande, un cucchiaio ed un coltello, giacché la forchetta allora era ancora sconosciuta.
In particolare degno di nota: la dieta templare era equilibrata, in un periodo in cui le aspettative di vita erano brevi e dove la Gotta affliggeva i nobili uccidendoli ancora giovani, i monaci erano sempre smunti per i soventi digiuni ed anch’essi morivano in età non tarda, i cavalieri Templari vissero, se non uccisi anche fino ad 80 anni, età davvero impensabile per il periodo.
Non bisogna credere però che essi nonostante fossero rigidi nell’osservanza delle regole non conoscessero o non apprezzassero succulenti pasti, succedeva talvolta che qualche nobile regalasse loro del cibo con cui, a discrezione del Maestro, si preparassero sfiziose ricette come ad esempio  l’agnello alle albicocche o il lombo di maiale speziato.  Tuttavia, con le dovute eccezioni la loro dieta era davvero buona e valida ancora oggi, tenendo conto però che loro facevano davvero per così dire molta “palestra”.
Michele La Rocca

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