martedì 3 maggio 2016

Il Sufismo di Davide Ursi



Chi sono i Sufi? Sono i mistici dell' Islâm, divisi in più confraternite a seconda delle correnti interpretative della mistica via dell' ascesa a Dio. Sorte dalla lettura culturalmente progredita del Corano precipua degli Iraniani in unione con tecniche filosofico-sciamaniche dei Turchi, le correnti sufiche nacquero nell' Asia centrale, e dai Turchi vennero diffuse in tutto il mondo islamico. Nel mondo turco emersero ordini che promossero correnti mistiche ricche di pensatori eminenti; presso gli Arabi e alcune popolazioni arabofone le confraternite dei Sufi degenerarono in correnti politiche integraliste o di bassa spettacolarità a carattere magico. 
A questo proposito, affinché il discepolo impari subito il valore dei termini e la necessità di usarli correttamente, durante uno dei primi incontri il Maestro sufi è solito raccontare una novelletta intitolata Quadrupedi:
"Un funzionario della Corte imperiale transita per un paesino col suo seguito. E' il mezzogiorno, e il sindaco l'invita a tavola. Davanti ai contadini attoniti questi spiega di essere nientepopodimeno che il maestro elementare dei figli dei cuochi dell'imperatore. Grazie alla sua carica, agli emolumenti, ai regali, ai risparmi s'è potuto costituire una buona fortuna, e in un ampio appezzamento di terreno nei pressi della capitale, fra muli, cavalli, asini e cammelli possiede ben duecento quadrupedi. E si pensi che ogni quadrupede vale in media quattro denari d'argento. Uno del villaggio, Nasruddin [il Bertoldo dell'Îslâm], interviene:
""Io possiedo cinquanta quadrupedi, e se li vuoi comperare, te li vendo a un denaro d'argento l'uno".
"Il maestro dei figli dei cuochi imperiali pensa di poter fare un affare sulla dabbenaggine del povero gonzo, e per non aver sorprese, chiama un notaio e stipula un contratto: "Acquisterà cinquanta quadrupedi a una moneta d'argento l'uno; se uno dei due contraenti mancherà all'impegno reciproco, diverrà schiavo dell'altro". Detto fatto, con una copia del contratto in mano, lo scemo del villaggio va a casa sua, e poco dopo torna con due facchini carichi di ceste contenenti cinquanta conigli. "Ecco - dice - i quadrupedi!".
""Ma perbacco! - ribatte l'altro - questi sono solo conigli, e valgono una moneta di bronzo l'uno, non d'argento!".
""Senz'altro, degnissimo - ribatte Nasruddin - Sono conigli, ma non sono bipedi, sono quadrupedi. E tu quadrupedi ti sei impegnato a comperare! Quindi paga" (novelletta tratta da: G. Mandel: Saggezza islamica: le novelle dei sufi. Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1995)" .

"Sufismo è rinunciare all'accrescimento delle ricchezze dell'ego, per guadagnare la ricchezza del Vero. È più nobile occuparsi della vita del proprio cuore all'interno, che di opere meritorie all'esterno.
Il Sufi ha come scopo, per prima cosa, di raggiungere il Vero e finché non ha trovato ciò che cerca non trova riposo, nè presta attenzione a niente.

Sufismo è entrare in ogni disposizione alta, e lasciare ogni disposizione bassa. L'interezza del Sufismo consiste nell'abbandono del superfluo.
Sufismo è lasciarsi guidare del tutto dal Vero.
Sufismo è essere osservanti del Vero in ogni circostanza, e avere a cuore l'autodisciplina. Il Sufi non è contaminato da alcunché, ed ogni cosa è purificata da lui. Il Sufi che conosce il Vero, nello stare fra gli altri uomini, tuttavia è altrove da loro. Il Sufismo è più vicino al silenzio che al discorso.
Il Sufi è colui che non è attaccato a nulla, e niente gli si attacca.
Il Sufismo è un'essenza senza forma. Sufismo è che il Sufi dovrebbe tornare a essere quello che era, prima di venire in essere.
Il Sufismo è, al principio, un ricordo, poi diventa estasi, e alla fine non è nè l'uno nè l'altro: niente più esiste, perché in realtà nulla era mai esistito.
Nulla ci vela il Vero, se non occuparci non dell'esistenza in sè, ma di noi stessi. Perchè, dimenticata la nostra esistenza, troveremmo Colui che è all'origine di ogni esistenza, vedendo nello stesso momento che noi non esistiamo affatto. Il Vero non è velato da qualche realtà che esiste accanto a Lui, ma ciò che Lo vela è solo l'illusione che vi sia una qualche realtà, oltre."
(Abu'l-Husayn)

Ecco un’altra interessante storiella:
Un fiume, nella sua corsa verso il mare, giunse a un deserto e si fermò. «Se lo attraverso, la sabbia berrà la mia ac­qua e io sparirò», si disse, e chiese con­siglio al vento. Il vento gli suggerì: «Lasciati scalda­re dal sole, e sotto forma di vapor acqueo salirai nel cielo. Al resto penserò io».
Il fiume tuttavia replicò che, così facendo, avrebbe perso la propria identità e sarebbe quindi sparito, poi­ché la sua natura era di scorrere maestoso fra due ri­ve di terra, compatto e liquido. Al che il vento rispose: «Quando salirai nel cielo sotto forma di vapor acqueo subito diventerai una nuvola. Io ti trasporterò così di là dal deserto e tu potrai allora cadere di nuovo sulla terra sotto forma di pioggia, e sulla terra ritornare fiu­me e giungere fino al mare».
Molti esseri umani ignorano che per attraversare il deserto della materialità occorre sublimarsi al calore della fede e, abbandonata la propria identità fenome­nica, divenire spirito per giungere all'oceano del divino.
Cito una parte del "Mathnawi" di Jalàl àlDìn Rùmì, il fondatore dei Mevlèvi probabilmente una delle più grandi opere mai scritte, non a caso egli è definito il Dante Alighieri delle genti turche. 
Da notare che, dato che la traduzione è dal persiano antico, i termini di cui alla domanda non si possono affidare unicamente alla lingua italiana.
 "Cavalcare un corsiero sulla schiuma del mare, leggere una lettera alla luce di un lampo, 
è non vedere la fine per avidità; è farsi beffe del proprio cuore e della propria ragione. 
La ragione, per sua natura, contempla la fine; mentre l'anima carnale non la vede. 
La ragione dominata dall'anima carnale diventa carnale; Giove è vinto da Saturno e diventa funesto. 
Tuttavia volgi lo sguardo su questo sfortunato, e volgi lo sguardo a Colui che provoca uno stato negativo. 
Lo sguardo di chi contempla il flusso e riflusso di questo mare passa dall'influsso nefasto all'influsso fausto.
Dio ti faccia passare di continuo da uno stato a un altro, in questo cambiamento manifestando l'opposto tramite l'opposto, perché il timore del lato sinistro possa far nascere in te il piacere dei compagni della destra." 
Chiudo con delle immagini delle tombe sufi, qui sotto la tomba dei Sufi Mevlevì fondati appunto da Rumì



Questa è la tomba di Rumì, il più grande poeta dell’Islàm definito il San francesco dell’Islàm.




Questa è la sala di insegnamento, dove i Sufi Mevlevì imparano a danzare su un piede solo.
Questa parte del museo di Konya è riservata solo ad alcuni visitatori e noi abbiamo avuto l’accesso grazie al direttore del museo di Konya che conosco personalmente.
Il Sufismo è costituito in Ordini, o Confraternite. Confraternite ben organizzate sin dal X secolo. Un Maestro venerabile, due luci, un copritore esterno, e gli adepti, che si distinguono in apprendisti (murid), compagni (`arîf: iniziato) e maestri (shaykh). Si riuniscono in una tekké, o zawiyya, o dergah: una Loggia, insomma; per solito il lunedì sera per le discussioni in comune e l' insegnamento evolutivo, spesso sulla lettura di tavole lasciate da grande Maestri del passato; il giovedì sera per il rituale del dhikr: la Rammemorazione di Dio. 
Per entrare nell' ordine, il neofita si sottopone a una iniziazione, che comporta anzitutto il ritiro (khalwa) in un gabinetto di meditazione, ritiro che a seconda degli Ordini va dai tre ai quaranta giorni. Riceve allora la parola segreta di rito, i passi e le insegne del suo lavoro. Presso i Bektashi l' iniziando è condotto nella loggia con una corda al collo (tigbend) e ricevuto, è cinto dal grembiale (peshtemal), che viene mutato ad ogni aumento di salario. Gli Ordini in generale hanno accolto sin dal XII secolo il neoplatonicismo attraverso l' ermetismo e la tradizione alchemica (figlia maggiore dell' Islàm appunto) assumendone i simboli, e questo è del pari avvenuto nella Massoneria, soprattutto attraverso l' influsso diretto di Giordano Bruno. 

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